Il 3 dicembre è la Giornata Internazionale delle Persone con Disabilità e per l’occasione vorrei dedicare un post al galateo della disabilità.
Sembra scontato, ma purtroppo non lo è: con le persone con disabilità valgono le regole generali del galateo. In sintesi nel relazionarsi con le persone con disabilità, il segreto delle buone maniere sta nel non compiere quelle azioni che non compiresti se le persone non avessero una disabilità.
Questo post è stato realizzato in collaborazione con la Lega del Filo d’Oro, Fondazione punto di riferimento in Italia per la valorizzazione e la riabilitazione delle persone con sordocecità e pluriminorazione psicosensoriale. Ringrazio Francesco Mercurio, presidente del Comitato delle Persone Sordocieche per la sua testimonianza, e Erika Marra, responsabile attività associative e volontariato, e Patrizia Ceccarani, direttore tecnico scientifico della Lega del Filo d’Oro, per i preziosi suggerimenti.
Tutti meritano di essere trattati allo stesso modo
Tutti noi siamo diversi gli uni dagli altri, la persona con disabilità ha semplicemente delle caratteristiche diverse come tutti. E’ importante quindi approcciarsi sempre con delicatezza, ma senza pietismo.
Di fronte alla disabilità si tende ad essere super protettivi, ma questo ci fa fare degli errori, anche di galateo. La persona con disabilità, se adulta, non va trattata come un bambino. E’ scortese rivolgersi a lei parlando come si fa con i più piccoli, magari con parole semplici e scandite.
Anche se le persone super protettive sono animate da buone intenzioni, risultano maleducate perché con il loro comportamento è come se dicessero: tu non sei capace, non puoi avere un tuo pensiero, non rispettiamo i tuoi desideri, ti tolgo quindi la possibilità di fare questa esperienza decidendo per te.
Con la super protezione mandiamo dei messaggi squalificanti e ci andiamo a sostituire alla persona. Come non far passare il messaggio tu sei inferiore a me? Trattando la persona con disabilità alla pari secondo le regole del galateo, senza alzare inutilmente la voce o con un tono pietistico, senza dare subito del tu e senza prendersi confidenza.
Mai supporre ciò che una persona con disabilità può fare e non fare
Di fronte a una persona con disabilità in difficoltà, spesso si ha lo slancio buono di voler aiutare, ma attenzione ancora una volta a non trattarli come bambini.
La chiave per comportarsi bene è l’osservazione: prendiamoci un attimo per osservare chi abbiamo davanti e capire le sue esigenze. Se siamo attenti all’altro riusciamo a capire la sua diversità e le sue esigenze, offrendoci in un secondo momento di aiutarlo, con discrezione e chiedendo sempre il permesso prima.
Il modo migliore per usare le buone maniere per essere inclusivi è chiedere alle persone di cosa hanno bisogno, evitando di decidere per gli altri.
E’ bene sempre evitare di parlare di qualcosa che riguarda la persona con disabilità senza coinvolgerla, soprattutto se è presente, anzi mentre si parla occorre sempre assicurarsi che stia seguendo il discorso e possa partecipare e quindi prendere la sua decisione.
Usare il people first language
Usare il people first language significa mettere la persona al centro, senza definirla secondo la sua disabilità. Quindi è corretto dire ad esempio “la persona affetta da sordocecità” e non “il sordocieco”, perché questa seconda definizione identifica la persona con la sua disabilità.
Rispettare gli oggetti personali dei disabili
Che si tratti di un bastone o di una stampella, gli oggetti personali delle persone con disabilità vanno rispettati.
Se per qualche necessità dobbiamo spostare il bastone di una persona cieca, prima dobbiamo chiedere il permesso e una volta effettuato lo spostamento comunicare dove si trova l’oggetto.
Differenza importante da sapere: il bastone di colore bianco è dedicato alle persone affette da cecità, mentre il bastone bianco con righe rosse viene utilizzato dalle persone sordo cieche.
E’ maleducato toccare la carrozzina di una persona con disabilità senza chiedere prima il permesso, così come se ci si trova a pranzo in compagnia di una persona che non può tagliare da sé le pietanze nel piatto, non bisogna toccare il suo piatto e le sue posate per aiutarla se non richiesto.
In tema tavola, è gentile descrivere l’apparecchiatura a una persona non vedente e nel caso accompagnare la sua mano a prendere ciò di cui ha bisogno, senza fare tutto al posto suo.
Fare osservazioni critiche e in pubblico, senza motivarle adeguatamente, in merito all’abbigliamento, anche con buone intenzioni, a una persona cieca è considerato molto scortese.
Rivolgersi sempre direttamente alla persona con disabilità, solo dopo all’accompagnatore
Quando incontriamo una persona con disabilità dobbiamo sempre rivolgerci direttamente a lei, anche se ha un accompagnatore. In un secondo momento, se la persona con disabilità lo suggerisce o se l’accompagnatore prende l’iniziativa, possiamo dialogare direttamente con quest’ultimo per velocizzare la comunicazione.
Per i non vedenti, a meno che non si tratti di familiari stretti, occorre presentarsi sempre, avvicinandosi e dicendo il proprio nome. Se si cambia argomento e interlocutore, va sempre specificato.
In una conversazione di gruppo prima di parlare con la persona con sordocecità occorre sempre assicurarsi prima di avere la sua attenzione e allo stesso modo va segnalata la fine della conversazione o se ci si allontana.
Urlare o alzare la voce per comunicare con una persona sorda non serve a niente, è più corretto mettersi davanti a lei per presentarsi normalmente. Molte persone sorde sono in grado di leggere il labiale, altri possono ricevere lo stampatello sul palmo della mano.
Non prendere il braccio di una persona disabile se non richiesto
E’ considerato gentile mostrare sempre le mani a una persona non vedente o sorda, avvicinandole alle sue.
Dopo questa presentazione però mettere le mani su una persona sordocieca, ad esempio prendendo il braccio per aiutarla, senza che questa lo richieda esplicitamente è considerato un gesto inadeguato, così come pulirgli una macchia o sistemargli i vestiti.
Se notate che la persona con disabilità è in disordine, basta dirlo a lei direttamente, in modo discreto senza che altri sentano, sarà eventualmente lei a chiedere di essere aiutata a sistemarsi.
Fare il nome della disabilità non è scorretto
Fare il nome della disabilità non è scorretto, anzi se un tempo si utilizzava la definizione diversamente abili, oggi questo termine che vorrebbe essere più gentile in realtà sottende un’idea della società fondata sulle abilità e per questo è di fatto scortese nei confronti dei disabili.
Allo stesso modo gaffe come utilizzare il verbo vedere o guardare con una persona cieca non sono considerate una grave mancanza di rispetto. Anzi ho scoperto grazie agli amici della Lega del Filo d’Oro che tra ciechi è normale dire frasi come: oggi ho visto la partita alla televisione.
Accomodamento ragionevole sul posto di lavoro
L’ambiente di lavoro che ospita persone con disabilità per essere inclusivo deve essere accessibile per le carrozzine e disporre di tutti gli ausili necessari.
E’ considerato scortese verso le persone con disabilità nei luoghi di lavoro lasciare aperte porte e finestre, perché chi non le può vedere e si sposta autonomamente potrebbe sbatterci contro.
Per il resto le regole del galateo sono le medesime che regolano i rapporti tra colleghi, lasciandosi guidare dal principio dell’accomodamento ragionevole ovvero per creare un ambiente inclusivo per la persona con disabilità sul luogo di lavoro deve esserci un adattamento che permette l’accessibilità al disabile, senza essere troppo oneroso per l’ambiente di lavoro. Ad esempio sarà attrezzato con display braille solamente il pc della persona non vedente.
La vera inclusione della persona con disabilità si realizza quando questa vive nei diversi contesti, senza che questi diventino artificiali per lei.
Se ti interessa approfondire questi argomenti puoi visitare il sito della Lega del Filo D’Oro
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