Ha incantato Parigi con le sue architetture di stoffa, trasformando la moda in arte; la sua città d’adozione lo onora oggi rendendogli omaggio con una splendida mostra.
Balenciaga Paris ripercorre gli otto lustri di carriera del couturier spagnolo, con una sfilata di abiti provenienti da archivi della maison, da musei di tutto il mondo e da qualche fortunatissimo guardaroba.
In un’atmosfera senza spazio e senza tempo, si torna agli anni ’30 coi loro abiti di satin, tagliati di sbieco alla madame Vionnet, che tradiscono i prodromi di sperimentazioni volumetriche e richiamano immagini voluttuose di donne avvolte in una nuvola di fumo, mentre dame impettite dell’aristocrazia spagnola sembrano animare gli austeri abiti da giorno, dai decisi riferimenti vittoriani.
Negli anni ’40, si scopre progredendo, il cambiamento è deciso: dall’ abito sembra sparire tutto il superfluo.
Il momento storico è difficile: anche il design dei capi sembra ispirato a quell’economia che, sul piano materiale, era imposta dai razionamenti bellici. Il risultato sono abiti senza sbavature, nei quali sono gli elementi strutturali – tasche, colli e revers – ad essere protagonisti del gioco dei volumi. Le giacche sono tagliate con precisione chirurgica ed esaltano i tessuti più preziosi: velluto, moiré, crêpe.
Al 1950, anno centrale – anche cronologicamente – della carriera di Cristobàl Balenciaga, risale il celebre paletot- écharpe, che segna l’inizio di una nuova era. Dopo aver purificato la costruzione sartoriale fino all’estremo, Balenciaga -che non a caso Christian Dior chiamò Maestro- dà il via nei due decenni che seguono questo fatidico spartiacque ad una serie di azzardate sperimentazioni sartoriali, i cui esiti cambieranno, quantomeno nel campo dell’alta moda, il concetto di Bellezza.
Per il giorno prevalgono una sobrietà e una pulizia che sono la naturale evoluzione del cammino di purificazione intrapreso negli anni ’40: i tailleur millimetrici, dai volumi precisi, si arricchiscono nel corso degli anni di abbottonature che sottolineano le linee dell’abito, per arrivare negli anni 60 a qualche timida stampa, mentre la shilouette acquista la linea androgina favorita in quel momento.
È negli abiti da sera tuttavia che Balenciaga osa l’intentato, con creazioni dall’ effetto scenografico: non a caso, l’esposizione accosta questi preziosi capolavori sartoriali a costumi concepiti dal couturier per il teatro.
Con uno scarto netto rispetto ai modelli in voga a quel tempo, Balenciaga disegna negli anni ’50 abiti da sera a palloncino dai volumi leggeri come una nuvola di taffetà o impone alle stoffe più preziose tagli scultorei dal rigore quasi ascetico. La ricerca estrema della perfezione formale prosegue negli anni ’60, e allora mantelli di ruches svelano come bozzoli splendide farfalle rivestite di seta, con maniche che si trasformano in ali e corpi fasciati da trame preziose.
Alla fine del decennio, nel ’68 della contestazione, il couturier dà improvvisamente l’addio all’alta moda, disgustato dalla decadenza del gusto e dalla volgarità a suo dire imperante.
Le facoltose clienti di allora presero il lutto, ritenendolo a buona ragione insostituibile.
Oggi, a quarat’anni di distanza, ci riprova Nicolas Ghesquiere: nelle sale che concludono l’esposizione, le creazioni del designer che ha avuto l’onere e l’onore di rilanciare il marchio Balenciaga condividono lo spazio con le ultime, ineguagliabili creazioni del Maestro. Si riconoscono un’attenzione insolita – quantomeno per i canoni odierni- alla struttura sartoriale dell’abito, e richiami continui all’opera dell’illustre predecessore, ma questi elementi sono rielaborati e modificati in chiave deliziosamente contemporanea.
Ebbe la vista lunga, il fotografo Cecil Beaton quando disse “ Balenciaga ha fondato il futuro della Moda”: oggi il futuro ricomincia da qui.
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He bewitched Paris with his architectural fabric creations, and transformed fashion into an art form. Today, his adopted city honours his name with a splendid exhibition.
Balenciaga Paris follows the glittering career of the Spanish Couturier, with a series of garments from the archives of the “Maison”, museums all over the world, and a few fortunate wardrobes.
In an atmosphere without time, we return to the satin dresses of the 1930’s, with bias sharp cuts in true Madame Vionnet style. These first signals of experimentation with form and line that had a rigid Victorian imprint, were brought to life by the strutting dames of Spanish aristocracy, and bring to mind the images of voluptuous women in a cloud of cigarette smoke.
In the ’40’s, new advancements are made and the change is decisive: everything superfluous seems to disappear from clothing. This is a difficult moment in history: even the design of the garments seems to be inspired by economy, which on a material level, was imposed by the war. The result was clothing without fancy trimmings; where the play of structural elements—pockets, collars and revers— became the protagonists that created the form. The Jackets are cut with a surgical precision that enhance the most precious of fabrics: velvet, moiré, crêpe.
In the 1950’s, a central year – also chronologically – of Cristobel Balenciaga’s career, the renowned Paletot- écharpe was created signposting the start of a new era. After taking dressmaking purity to the extreme, Balenciaga—and it is not by chance that Christian Dior called him a Master—opened the way to a new trend with a series of daring dressmaking experiments which were to change—at least in the high fashion industry—the concept of beauty.
Daywear was prevalently sombre with such clean lines that they seem the natural evolution of the purification that occurred in the 1940’s: the Tailleur with its precise cut, became embellished over time with buttons that enhanced the lines of the clothes, And then, we arrive in the 60’s where we see a few timid prints appearing, while the silhouette takes on the favoured androgynous lines of that moment.
It is with his theatrical evening dresses that Balenciaga dared to attempt the unattempted: in fact, alongside his other works of art, it is no surprise to see a selection of theatrical costumes designed by the Couturier himself.
In the 1950’s, Balenciaga with his firm refusal of the vogue of that time, designed evening dresses with large skirts that looked like a cloud of taffetà, or he inflicted sculptural, almost aseptic lines to the most precious of materials. This extreme search for formal perfection continued into the 60’s: bodies were bound in precious lace; mantels were decorated with ruches and splendid silk butterflies, and had sleeves that transformed themselves into wings.
Towards the end of the decade, during the protest years of ’68, he suddenly waved goodbye to high fashion, disgusted by the decadence of taste, and in his opinion, a vulgarity that reigned supreme. From that day onwards, his wealthy clients who considered him as irreplaceable mourned his loss.
Today, forty years later, the creations of Nicolas Ghesquiere, who received the burden and honour of relaunching the Balenciaga label, share the same exhibition space as this inimitable Master. One notes a rare attention—at least by today’s standards—to the structure of the garment, and many references that recall his illustrious predecessor, but these elements have been relaborated and modified to create a deliciously contemporary style.
Cecil Beaton certainly had foresight when he said “ Balenciaga has founded the future of Fashion”: today, the future recommences right here.