Settant’anni e non sentirli: tanti ne compie proprio oggi il Bikini, protagonista indiscusso dell’Estate.
È infatti il 5 Luglio 1946 che Louis Reard presenta al mondo la sua creazione, presso la Piscina Molitor a Parigi.
Si tratta di uno scandaloso costume due pezzi di proporzioni assai ridotte, battezzato Bikini come l’ atollo del Pacifico teatro dei test nucelari di quegli anni.
E in effetti nomina sunt omina: il neonato costume ha l’effetto di una bomba, nell’Europa appena uscita dalla Seconda Guerra Mondiale.
Il primo problema è trovare una modella: le mannequin dei grandi saloni si rifiutano di indossare un capo così audace. Reard però non si scoraggia, e arruola Micheline Bernardini, professione spogliarellista, star del Casino de Paris.
Ma questo è solo l’inizio: negli anni successivi, il due pezzi venne osteggiato su più fronti.
Dalla Chiesa, in primo luogo: il Papa lo condanna pubblicamente nel 1951, e nello stesso anno (guarda caso) il concorso di Miss Mondo lo mette al bando, seguito a ruota da tantissimi altri concorsi di bellezza nel mondo.
Intanto, in diversi paesi (come Spagna, Belgio e Portogallo e Italia) sono le autorità a vietarne l’uso, emanando apposite ordinanze.
Le star di Hollywood remano però nel verso opposto: sempre più dive, a partire dagli anni ’50, cominciano indossare il due pezzi per farsi ritrarre nelle immagini promozionali.
(Avevano già capito tutto, le signore)
Per la vera consacrazione del bikini bisogna però aspettare il 1953, quando la diciassettenne Brigitte Bardot lo indossa sulla spiaggia durante le giornate del Festival di Cannes.
La Bardot – ed il suo costumino – diventano due star all’istante, tanto che il suo film presentato quell’anno al festival Manina, la fille sans voiles verrà successivamente esportato negli USA con il titolo di Manina, the girl in the bikini.
Da quel momento la strada è tutta in discesa: il due pezzi diventa un’icona della cultura pop.
Nel 1960 il costume è celebrato dalla canzone Itsy Bitsy Teeny Weenie Yellow Polka Dot Bikini di Brian Hyland, e gli anni a seguire vedono il due pezzi conquistare tutti, compreso il grande schermo. Negli Usa nasce il genere (non esattamente d’essai) dei film Beach Party: commedie leggere ambientate sulla spiaggia (un po’ come il nostro Sapore di Mare ) in cui alle belle in bikini è riservato naturalmente un ruolo di prim’ordine.
In seguito, sono innumerevoli le apparizioni iconiche di questo micro-capo in pellicole più o meno presitigiose. Dal celeberrimo bikini candido di Ursula Andress in Dr. No (1962) a quello conturbante della Lolita di Stanley Kubrick, dello stesso anno; da quello trash, in pelliccia, sfoggiato da Raquel Welch in Un Milione di Anni Fa (1966) alle versioni super ridotte indossate da Bo Derek negli anni ’70, per arrivare al due pezzi dorato della Principessa Leia ne Il Ritorno dello Jedi del 1983.
Nel frattempo, il bikini ha perso la sua carica trasgressiva, soppiantato dal topless e da ben altri scandali… Ma non ha perso il suo appeal, tanto che dagli anni ’80 in avanti è diventato la mise da spiaggia per eccellenza, ed è stato sdoganato pure tra i reali dalla buon’anima di Lady D.
E oggi, a sett’anni dalla sua nascita e con un giro d’affari che arriva a quasi 8 miliardi di dollari (e parliamo solo del mercato americano) quale sorpresa può riservarci ancora il Bikini?
La risposta arriva dal Vietnam, dove una compagnia aerea locale, recentemente, l’ha scelto come divisa per le proprie hostess. Vedere per credere.
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