Quando si firma cosa si mette prima? Come ci si firma da sposati? E le vedove? E le divorziate? Come fare una buona firma? Quando si tratta di mettere nero su bianco il nostro nome, soprattutto su documenti ufficiali, i dubbi che sorgono sono sempre molti. Tutti leciti non vi preoccupate. Per fortuna, proprio per evitare passi falsi e momenti imbarazzanti il bon ton prevede una étiquette anche per questo aspetto della realtà. Quindi, niente panico: basta seguire queste semplici regole per firmare secondo il galateo.
Come fare una buona firma? Le regole generali del galateo per firmare i documenti
Partiamo dalle regole base per fare una buona firma. Si firma sempre, senza eccezioni, anteponendo il nome al cognome (es. Chiara Bianchi). In presenza di un secondo nome questo va inserito tra nome e cognome ( es. Maria Chiara Bianchi). Con buona pace di chi pensa di avere sempre ragione, questa non è solo una regola del galateo ma anche una precisa disposizione legale. Come cita il Codice Civile (Libro primo, articoli 6 e 91) e la legge sull’Ordinamento dello Stato Civile (articoli 42,45, 55, 73, 75, 77, 96, 126, 140, 181) “[quando] stabiliscono disposizioni concernenti le notizie personali, essi specificano con cura prima il nome e poi il cognome”.
Spesso inoltre, nei documenti ufficiali viene richiesto di firmare in modo “esteso” o “leggibile”, ciò significa che bisogna apporre il proprio nome e cognome senza abbreviazioni in modo che la lettura risulti chiara. Abbreviazioni solo del nome proprio vengono permesse solo nel caso in cui si debbano aggiungere firme consecutive di persone diverse e lo spazio a disposizione sia esiguo. Quindi, no assoluto a scarabocchi illeggibili.
È buona norma, in generale, non firmare sopra la scritta stampata del nome; si firma sopra se la firma è tra parentesi, sotto se nome e cognome sono scritti senza parentesi. I titoli professionali, o le loro abbreviazioni, non vanno mai inserite nella firma. Se a firmare sono i coniugi la galanteria prima di tutto: l’étiquette prevede che firmi prima la moglie e poi il marito.
Nome e cognome sono necessari solo se si firmano documenti ufficiali o mail in base al tipo di rapporto che si ha con il destinatario (meno si conosce il destinatario, più formale sarà il saluto). Sì a firmare solo con il nome: lettere, mail personali e biglietti di auguri.
Infine una piccola chiosa sulle mail. Come già affermato altrove: secondo me esiste un posto speciale all’Inferno per chi firma con l’iniziale del nome puntata. Se c’è uno scambio di mail serrato, meglio piuttosto omettere del tutto la firma. Dopotutto se noi stessi non ci prendiamo cura di questo particolare, perché mai qualcuno dovrebbe prendersi la briga di ricordare e scrivere in modo corretto il nostro nome?
Come firmano le donne sposate, le vedove e chi divorzia? Tutte le regole per non sbagliare
Le norme per una corretta firma sono abbastanza lineari per uomini (sposati o meno) e donne nubili. La faccenda si complica quando a firmare sono donne sposate o vedove o divorziate.
Fino al 1975 il galateo e la legge prevedevano che nella firma di una donna coniugata comparisse il cognome del marito seguito, in caso, da quello da nubile. Solo in seguito all’avvento del femminismo ( come suonava un famoso slogan “A woman needs a man like a fish needs a bicycle”) e alla riforma del Codice Civile in Italia “la moglie aggiunge al proprio cognome quello del marito”. Inoltre l’articolo 143bis prevede che “La moglie aggiunge al proprio cognome quello del marito e lo conserva durante lo stato vedovile, fino a che passi a nuove nozze”.
C’è da dire che oggi il cognome da nubile è utilizzato in molti ambiti, dalla Carta di Identità all’ambiente di lavoro dove è raro trovare qualcuna che si firmi con il cognome del marito. Esso viene usato più frequentemente nel citofono, nell’elenco telefonico, in impegni sociali in comune con il marito e a scuola dei figli.
E se si divorzia? La donna torna ad usare il cognome da nubile, mutandolo solo in caso convoli a seconde nozze. Il cognome dell’ex rimane come identificativo dei figli avuti dalla coppia. È evidente che eventuali figli arrivati successivamente prenderanno il cognome del nuovo marito.
A loro volta, le donne rimaste vedove tornano a usare il cognome da nubile. Il cognome del defunto marito viene utilizzato, dove necessario, solo se nel nucleo familiare sono presenti figli minori, che vengono identificati con il cognome paterno.
Tuttavia, a proposito dell’attribuzione del cognome ai figli, ci sono delle novità. Infatti, il primo giugno 2022 la sentenza della giudice della Corte Costituzionale Emanuela Navarretta è stata pubblicata in Gazzetta ufficiale. Da questo momento in poi tutte le norme che impongono automaticamente il cognome paterno ai neonati, sono dichiarate illegittime. Questa sentenza apre le porte a nuove norme legislative e quindi anche a nuove regole per un corretto galateo della firma, avvicinandoci ad altri paesi europei (come la Spagna) dove il cognome della madre è sempre affiancato a quello del padre.
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