Quante volte durante un processo di selezione ci siamo sentiti rivolgere domande inerenti la nostra sfera personale? I recruiter nell’intervista cercheranno non solo di verificare che il candidato sia adatto all’offerta di lavoro ma anche fino a che punto sarà disponibile a spendersi per il bene dell’azienda. Potrebbero sembrare informazioni innocue. In realtà, alcune di queste domande personali possono essere non solo inopportune ma addirittura illegali. Per questo è bene informarsi sui propri diritti. Abbiamo già parlato del galateo del colloquio, qui vi do qualche consiglio per riconoscere e rispondere alle domande illegittime o invadenti durante un colloquio di lavoro.
Come riconoscere le domande illegittime in un colloquio? Quali sono le domande illegali?
Partiamo dal presupposto che chi si occupa di selezione del personale conosce bene la normativa in merito, quindi dovrebbe essere scontato non sentirsi rivolgere alcune domande discriminatorie o inerenti alcuni aspetti della nostra privacy. Tuttavia, sicuramente ci capiterà di dover parlare della nostra sfera personale. Come distinguere quindi le domande indiscrete e da quelle effettivamente illegittime?
Il primo fatto da considerare è che alcuni tipi di contratto devono tenere necessariamente conto di età e possibili disabilità. Ad esempio i contratti di apprendistato hanno un limite di età, i contratti per categorie protette sono riservati a chi ha determinate disabilità. Allo stesso modo alcuni generi di impieghi richiedono necessariamente alcune caratteristiche fisiche. In questo caso il candidato è tenuto a fornire le informazioni richieste.
Fatta questa premessa, resta fermo il fatto che in Italia sono da considerarsi illegittime tutte le domande che possono condurre a una discriminazione relativa a: genere, razza o origine etnica, religione, orientamento sessuale, status sociale, convinzioni personali e attività sindacali. Il primo passo per difendersi dalle domande illegittime è conoscere i propri diritti: sapere quali domande NON possono essere fatte in sede di colloquio è fondamentale. Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali è molto chiaro su questo tema. Trovate approfondimenti e riferimenti alla normativa qui.
Come rispondere a domande illegittime durante un colloquio di lavoro?
Se la domanda che ci viene fatta rientra in una delle categorie appena elencate, dunque, come rispondere? Come sempre le opzioni sono molteplici. Vediamone alcune.
1. Risposta diretta
La cosa più ovvia, dal mio punto di vista, è essere diretti. Si può dire all’intervistatore “Non credo di dover rispondere, visto che questa domanda è illegittima”. Ovviamente, se si sceglie questa strada, occorre essere consapevoli che i risvolti sull’esito del colloquio con grande probabilità non saranno positivi. Ma se il buongiorno si vede dal mattino, siamo sicuri di voler lavorare per un’azienda che fin dal primo incontro dimostra di non rispettare i lavoratori?
2. Chiedi spiegazioni
A una domanda illegittima, ma anche solo indiscreta, si può sempre rispondere con un’altra domanda: per esempio “Prima che io le risponda, mi aiuta a capire come questa informazione potrebbe influire sulla mia mansione?”. Oppure, più direttamente “Posso sapere perché me lo chiede?”.
3. Comunica in maniera assertiva
Alle domande discriminatorie, specie quelle che riguardano la famiglia, si può rispondere in modo assertivo. Per esempio, alla domanda: “Ha figli?” si può rispondere qualcosa come “Guardi, è irrilevante: sono certa di poter ricoprire la posizione e lavorare le ore necessarie”.
Quali sono le domande personali lecite durante un colloquio e come rispondere
Altre domande, invece, possono risultare un po’ invadenti ma non sono da considerarsi illegittime. Il recruiter è legittimato a rivolgere alcune domande personali e l’interesse verso il candidato, anche se può risultare a volte indiscreto, non è necessariamente una cosa negativa. Anche in questo caso è decisivo arrivare preparati, per evitare di darsi la classica “zappa sui piedi”.
Vediamo alcuni esempi. Potrebbero esserci richieste informazioni del tipo: “Come mai ha deciso di cambiare lavoro?”; “Perché si è conclusa la sua esperienza presso l’azienda X?”; “Qual è la sua attuale ral?”. Queste domande sono del tutto legittime, ma possono diventare pericolose se rispondiamo “a sentimento”.
Innanzitutto, anche qui essere informati è fondamentale: ricordiamo che il datore di lavoro ha facoltà di richiedere una vecchia busta paga. Quindi mentire in merito alla propria RAL o inquadramento precedente non è consigliabile.
Riguardo esperienze che si sono concluse con un licenziamento, è importante evitare nel modo più assoluto di parlare male dei posti di lavoro precedenti e preparare uno storytelling convincente. Si può parlare di una riorganizzazione aziendale in seguito alle quali la nostra posizione è stata eliminata, di ricerca di nuove sfide, di percorsi giunti alla loro naturale conclusione, ma sempre con un tono positivo e senza mai lamentarsi.
Inoltre, possibili “buchi” nel curriculum sono spesso fonte di imbarazzo per il candidato.
Innanzitutto, ripetiamo a voce alta: se ci siamo allontanati per un po’ di tempo dal mondo del lavoro non c’è motivo di vergognarsi. Che si sia trattato di un allontanamento volontario o di un periodo di disoccupazione, non c’è motivo di nasconderlo. Bisogna però essere consapevoli che probabilmente questo gap catturerà l’attenzione del selezionatore. Anche in questo caso raccontare le proprie motivazioni con sincerità è fondamentale per non farsi prendere in contropiede. Presentiamoci piuttosto come persone flessibili, in grado di far fronte a periodi complicati.
Si può parlare di esigenze familiari ora risolte, della volontà di dedicarsi a un progetto personale, ma anche di una pausa forzata durante la quale però abbiamo approfittato per acquisire nuove skills.
Infine, ci sono le classiche e domande un po’ ficcanaso che però sono tutto sommato innocue. Queste consentono ai selezionatori di farsi un quadro più completo della personalità dei candidati.
Esempi classici: “Quali sono i suoi hobby?”, oppure “Come si vede tra dieci anni?”, oppure ancora “Quali sono i tuoi pregi e i tuoi difetti?”, “Si descriva in cinque parole”. Attenzione a non snobbare questi quesiti perché sembrano chiacchiere superficiali! Anche queste sono domande preziose che ci danno la possibilità di far emergere il lato migliore di noi. Ragioniamo un po’ in anticipo su come ciò che facciamo “fuori” potrebbe essere un valore aggiunto per l’azienda che ci vuole assumere, e perché vale la pena raccontarlo.
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