Oggi, 13 novembre si celebra la Giornata della Gentilezza, e per me è l’occasione perfetta per chiarire una cosa fondamentale.
Senza gentilezza, non esiste buona educazione.
Con l’esercizio si può imparare ad essere disinvolti nelle presentazioni, a comportarsi da perfetti padroni di casa, da ospiti impeccabili.
Ma pur applicando alla lettera tutte le buone norme del galateo, se non siamo gentili, difficilmente saremo veramente educati.
Perché la forma più autentica di educazione, in fondo, è quella saper di mettere a proprio agio chi ci sta di fronte.
Ciò detto, vorrei far presente che la gentilezza è un come un muscolo: va usata, altrimenti si atrofizza.
Condivido quindi cinque idee per tenerla in allenamento. Sono random act of kindness, piccole azioni che si possono fare senza troppa fatica, col solo scopo di spargere un po’ di gentilezza nel mondo. Così, #acaso.
Cinque cose per essere gentili #acaso
- Far passare davanti qualcuno in una fila. Che sia al supermercato, in fila alle poste, in macchina o dal medico: lasciar passare avanti qualcuno che non se l’aspetta è un modo facile per scoprire quanto le persone non siano abituate a ricevere gentilezze. E quanto basti un piccolo gesto per cambiare le cose.
- Regalare qualcosa a uno sconosciuto. Una volta, ad un semaforo, uno sconosciuto automobilista ha acquistato un mazzo di fiori dal venditore ambulante e me l’ha regalato. Così: senza un biglietto, senza secondi fini, senza nessuna ragione al mondo. Sono passati tantissimi anni, ma se ci penso ancora adesso sorrido. Regalare a chi non conosciamo rende più felici noi, oltre che gli altri. Ci sono mille modi per farlo: dalle vere e proprie donazioni ai caffé in sospeso da lasciare al bar (ne avevo parlato qui), fino a iniziative più “guerrilla”, come lasciare libri da donare nelle stazioni della metropolitana.
- Fare complimenti. Molto spesso, diamo cose per scontate. Ma quando notiamo delle cose che ci piacciono, diciamolo. I complimenti (autentici) non sono mai troppi. Certo, bisogna vincere la timidezza. Ma a pensarci bene: perché mai dovremmo sentirci a disagio a dire alla signora sulla metro “Che bella spilla”, o complimentarsi con lo staff del ristorante quando riceviamo un ottimo servizio?
- Aiutare gli altri. Qui non sto parlando di “aiuto” in termini esistenziali, ma di dare una mano con le piccole scocciature quotidiane. Capita a tutti di vedere una mamma in difficoltà col passeggino sulle scale della metro, il vicino a cui si è incastrata la chiave nella serratura, la vecchina col sacchetto della spesa pesante, lo straniero che si è perso e via dicendo. Dare una mano in queste occasioni ci fa sentire persone migliori. Dare una mano, in effetti, ci fa essere persone migliori.
- Ringraziare. Sempre a proposito di “cose che diamo per scontate”, spesso non riconosciamo adeguatamente il contributo che le persone portano alla nostra vita. Un modo per cominciare a farlo è ringraziare la signora delle pulizie, il fattorino di amazon, il tassista (pure se non siamo fan della categoria). Ma non è il solo. Possiamo scrivere una lettera a un insegnante che ci ha dato molto, ricordare alla nostra amica del cuore quali sono le sue qualità migliori, mandare un biglietto alla mamma… Insomma, le possibilità per dire grazie sono infinite.
Photos: Secret Garden - Sergio Garcia for OK Magazine
Questo articolo ha 2 commenti
grazie mille per questo post. Una nota signora della tv aveva detto che non si ringrazia un cameriere al ristorante perchè sta facendo il suo lavoro: sono una burina e dissento! Io i camerieri continuerò a ringraziarli perchè non è scontato che fare ‘un lavoro’ voglia dire, automaticamente, farlo bene. Almeno non in questa epoca. Dei dottori che dovevano eseguire degli interventi su mia madre non lo fecero, in modo scontato, come ogni dottore dovrebbe ma con ‘i piedi ( per essere fine) e mia madre ebbe conseguenze per molto tempo. Quindi penso che continuerò a ringraziare i camerieri al ristorante e al bar; pare che si possa evitare l’inferno anche se non si conosce l’uso esatto del piattino del pane e quale sia la forchettina da dolce, lei che ne dice?
Il punto è che in situazioni formali il cameriere aspira all’essere invisibile: ringraziarlo di continuo equivale a rimarcare la sua presenza. Si può ringraziare dopo l’ordinazione, e fine cena 🙂 Ovviamente tutto questo non vale in contesti meno impostati, dove c’è maggiore flessibilità