Compie novant’anni, ma non li dimostra: alla sua verde età il tubino nero è il capo timeless per eccellenza.
La petite robe noire, ideata da Chanel nel 1926, non è mai passata di moda.
Perché, meglio di chiunque altro, si è prestato a interpretare lo spirito del tempo.
Allungato, accorciato, dotato di spacchi o scollature, il little black dress nel corso del ‘900 è stato onnipresente nelle collezioni degli stilisti, così come nei guardaroba comuni.
Lanciato da Mademoiselle come capo pratico, funzionale e scandalosamente austero per la sua epoca, il little black dress nelle intenzioni della sua creatrice è la “divisa per la donna elegante e contemporanea“.
E infatti da subito l’abitino nero entra nei guardaroba delle donne più eleganti nel tempo (vedi la Duchessa di Windsor), mentre Edith Piaf negli anni ’40 ne fa una vera e propria “uniforme da palcoscenico”.
Pochi anni dopo l’abito nero cambia pelle, e si trasforma in un audace bustier per dar vita ad una delle mise più conturbanti della storia del cinema: quella indossata da Rita Hayworth/Gilda nell’omonimo film del 1946.
E quando arriva il New Look, con le sue gonne a corolla e i bustini segnati, la petite robe noire non fa una piega. Anzi: il suo leggendario undestatement smorza la femminilità vezzosa della silhouette anni ’50 quel tanto che basta a creare un look seducente ma non frivolo.
È solo qualche anno più tardi, comunque, che il tubino nero entra definitivamente nell’immaginario collettivo, con il film Colazione da Tiffany del 1961. Le impeccabili mise create da Hubert de Givenchy e l’eleganza innata di Audrey Hepurn consacrano la petite robe noir a icona dello chic per eccellenza.
E l’associazione “tubino nero=chic” rimarrà così forte da diventare quasi un luogo comune: tanto che, 35 anni dopo, è sufficiente un little black dress per rendere riconoscibile “la Posh” tra le Spice Girl ad una prima occhiata.
Ma la petite robe noire, tra gli anni ’80 e ’90, scopre anche il suo lato trasgressivo.
È il caso del celebre abito nero indossato da Lady Diana ad un evento pubblico nel giorno in cui il principe Carlo rese pubblica la sua love story con Camilla. Quella sera, Lady D. si presentò alla Serpetine Gallery da sola, a testa alta, fasciata in un abito nero (firmato da Cristina Stambolian) sfacciatamente corto e scollato
per un membro della famiglia reale, che fu subito ribattezzato “Revenge Dress“.
La provocazione si fa decisamente più plateale nel Safety Pin Dress di Versace, sfoggiato alla prima londinese di Quattro Matrimoni e un Funerale da Liz Hurley, all’epoca fidanzata con Hugh Grant. L’impatto di quell’abito fu tale da regalare all’allora sconosciuta Liz una fama planetaria all’istante.
Oggi che nella moda l’eclettismo la fa da padrone, il little black dress rimane un caposaldo del guardaroba, tant’è che lo vediamo spessissimo addosso a donne di potere, celebrities e comuni mortali.
Perché può essere provocante, bon ton, minimal, bodycon, gotico, decostruito o futuristico.
Ma non perde mai suoi super-poteri: quello di non essere mai fuori luogo e quello far sembrare elegante chiunque (sì, persino Kim Kardashian).
E scusate se è poco.
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Questo articolo ha 3 commenti
Mia nonna mi raccontava che ai tempi della sua giovinezza (anni 20-30) l’etichetta prevedeva che potessero vestire di nero solo le donne sposate, perciò le ragazze non appena sposate non perdevano l’occasione di sfoggiare un abito nero.
Grazie Giulia, è sempre bello completare la visione storica ufficiale con delle informazioni di prima mano… E le nonne sono una fonte inesauribile di chicche!
bellissimo post, io lo indosso spessissimo con una giacca o un cardigan o sciarpette se fa freddo e con tante collane colorate, se devo uscire senza passare da casa cambio borsa e scarpe, data la mia taglia mi sento più sicura 🙂