I reducetariani della moda

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“Troppa moda uccide la Moda”: non l’ho detto io (anche se mi sarebbe piaciuto) ma Jean Paul Gaultier, in una recente intervista in cui ha spiegato le ragioni del suo addio alle passerelle prêt-à-porter.

“Non esistono abbastanza persone per comprare tutti i vestiti che produciamo” ha aggiunto il couturier.

Partendo da questo assunto, mi viene da dire che forse, anche per la moda, è il momento di convertirsi al reducetarianesimo.

Nel food, i reducetariani sono quelli che – pur non essendo vegetariani per partito preso – riducono, appunto, il loro consumi, mangiando in modo più sostenibile (e anche più salutare).
La stessa filosofia si presta benissimo ad essere estesa oltre la cucina.
Per esempio agli armadi.

Anche perché, diciamolo: troppa Moda non uccide solo la Moda, ma soffoca decisamente lo Stile.
[Come si può coltivare il proprio gusto se si è schiavi delle tendenze? Presto detto: non si può.]

Qualche avvisaglia di questa tendenza a ben guardare già si coglie.

Ne è un un esempio il successo planetario di Marie Kondo, la guru giapponese del Magico Potere del Riordino, che con il suo metodo (piuttosto drastico, a dire il vero) sta spingendo migliaia di persone a liberarsi del superfluo.

Ma anche sul fronte delle Maison, qualcosa si muove: non a caso, alcuni grandi marchi stanno ripensando le linee di diffusione (responsabili, nel decennio passato, di aver inondato il mercato di tanti capi a poco prezzo).

Dolce e Gabbana hanno fatto da apripista, annunciando nel 2011 la chiusura di D&G.
Da poco,  Marc Jacobs ha annunciato di voler terminare la sua seconda linea Marc, mentre anche Viktort&Rolf, come il già citato Gaultier, hanno rinunciato al prêt-à-porter (ma si concentreranno sulla Couture).

Come dire:  finalmente è arrivato il momento di concentrarsi sulla qualità, invece che sulla quantità.

Evviva, era ora.

(Photo from Hannah Jones protfolio)

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