L’etiquette nel retail è fondamentale.
L’idea di dedicarmi a tempo pieno alla formazione mi è venuta nel periodo in cui, in Kering, lavoravo nel dipartimento di Client Experience, e seguivo spesso progetti legati al mistery shopping.
Oggi, sulla retail etiquette tengo dei training aziendali che occupano intere giornate, tra teoria ed esercitazioni pratiche.
Faccio questa doverosa premessa perché questo post ha bisogno di uno dei miei soliti disclaimer: non è possibile riassumere in un articolo tutto lo scibile umano a proposito dei numerosi, numerosissimi soft skill necessari a venditori e venditrici.
Diciamo che questo post vuole essere semplicemente un piccolo contraltare a quanto raccontato la settimana scorsa a proposito del galateo nei negozi lato cliente…
Retail etiquette: i must have in boutique
Per chi lavora in boutique, in negozio, e in generale a contatto con il pubblico ci sono delle caratteristiche irrinunciabili… Insomma, dei veri e propri MUST HAVE.
Innanzitutto, chi lavora in boutique deve darsi i massimi standard di cura personale.
Posto che in primis vanno seguite le guideline dettate dall’azienda in merito al dress code – che ovviamente saranno diverse in un negozio del lusso o in uno di fast fashion, in una gioielleria o in un beauty&fragrance – ecco i miei suggerimenti.
Per le signore, i capelli saranno preferibilmente raccolti e il trucco dovrebbe essere leggero e discreto. I signori invece avranno un taglio sempre curato, e saranno sempre rasati di fresco. Se invece c’è la barba anche questa va curata scrupolosamente, e non dovrebbe essere troppo lunga (ma anche qua, dipende da dove si lavora).
Sia per lui che per lei, le mani sono un focal point imprescindibile, e devono essere sempre perfettamente in ordine…Dunque no a unghie lunghe, irregolari, a pellicine mangiucchiate e smalto delle unghie sbeccato.
Che si debba indossare una divisa oppure no, occorre avere massima cura degli abiti che si indossano quando si lavora in boutique. I capi devono essere sempre impeccabilmente puliti e stirati, le scarpe lucidate e in perfetto stato.
Mai scontata, un’attitudine positiva è fondamentale per accogliere i clienti in negozio.
Il che non vuol dire solo accogliere i clienti con un bel sorriso, ma anche saper scegliere le parole con cura (evitando frasi potenzialmente negative come “posso aiutarla?), e mantenere sempre un atteggiamento propositivo e accogliente.
Dall’ascolto attivo alla gestione delle criticità
Per i venditori, è indispensabile sviluppare doti di lettura del cliente e di ascolto attivo.
Imparare a leggere i linguaggi non verbali è fondamentale per capire meglio chi si ha di fronte.
E padroneggiare il proprio linguaggio corporeo è indispensabile per non rischiare di trasmettere impressioni poco edificanti.
L’ascolto attivo è un altro asso nella manica di cui è difficile sovrastimare l’importanza.
Nessuna proposta può essere sensata, se non c’è stata a monte un’indagine accurata a proposito delle reali esigenze del cliente, ma anche delle sue aspettative e dei suoi timori.
Sviluppare skill come queste consente a ogni venditore essere di “sintonizzarsi” sulla lunghezza d’onda del cliente. Ci sono clienti che hanno bisogno del loro spazio, di potersi guardare in giro indisturbati, senza sentire la pressione del personale, che invece deve comparire con discrezione quando la persona è pronta per formulare una richiesta. Altri, invece, preferiscono essere “serviti e riveriti”, e si aspettano che sia il personale a prendere in mano la situazione a guidarli alla scoperta delle diverse proposte. Anche se la cerimonia di vendita viene progettata in tutti i dettagli, qualcosa può sempre andare storto.
Ed ecco che la retail etiquette viene in aiuto, suggerendo alcune best practice per la gestione delle situazioni critiche. Lamentele, reclami (magari immotivati), clienti dai comportamenti scorretti se non addirittura aggressivi vanno fronteggiati con fermezza e determinazione.
Per affrontare tutto ciò, oltre alla calma e a un sorriso sereno incrollabile, occorre un piano.
Nei miei training aziendali racconto di un protocollo che ho ideato io stessa – ovviamente attingendo a tecniche di vendita e complaint management condivise – per la gestione delle situazioni critiche… Ma al di là dei miei suggerimenti specifici, il punto è questo: le possibili criticità vanno previste, e deve esistere un piano d’azione condiviso, in anticipo, con lo store manager.
Niente come una comunicazione interna carente (con il venditore che dice una cosa, il client service che ne dice un’altra e lo store manager che casca dal pero) è garanzia sicura di pessima figura, e rimane impressa nella mente dei clienti.
Cosa non fare mai in boutique
Ecco qualche suggerimento di retail etiquette a proposito dei comportamenti assolutamente da evitare.
Se è vero che il personale deve saper “leggere” il cliente, ovvero individuare la tipologia di persona per sapere come approcciarla e cosa proporre, è altrettanto vero anche che questa operazione va fatta con discrezione. No quindi agli sguardi “radiografia” di cui il cliente potrebbe accorgersi: sono una delle principali ragioni per cui i visitatori in negozio si sentono a disagio… E chi è a disagio difficilmente acquista volentieri.
Un’altra cosa da non fare mai in boutique è dare le spalle alla porta: per la legge di Murpy, sarà proprio quello il momento in cui entrerà qualcuno… E nessun cliente riceverà una buona impressione se viene accolto così.
Mai appoggiarsi al bancone, se non per mostrare i prodotti: questa è la prima lezione che ho imparato quando, i primi anni di università, passavo le estati a New York, lavorando come vendeuse nella boutique di Bottega Veneta.
Siccome SO che stare in piedi è faticoso, suggerisco di investire in qualche sessione con un posturologo, che può aiutarci ad aggiustare piccoli vizi di postura che alla lunga creano un grande affaticamento, e di investire in ottime calzature (o plantari per le scarpe, se le calzature sono parte della divisa) che alleviano la fatica dello stare in piedi tutto il giorno.
I venditori non dovrebbero mai stare al telefono, neanche se è per lavoro, mentre i clienti sono presenti. Le persone in carne e ossa hanno sempre la precedenza sui device, quindi se si è al telefono ed entra un cliente, si cercherà di chiudere la telefonata il più velocemente possibile, avendo ovviamente cura di chiedere al cliente al telefono qual è il momento migliore per ricontattarlo.
Mai mai mai farsi cogliere a “smanettare” sul cellulare, anche se si tratta del telefono aziendale e si sta concludendo una vendita a distanza. Il cliente questo non lo sa: e la sua impressione sarà che state controllando i social. Le vendite a distanza, come tutte le altre, richiedono dedizione totale, e andrebbero effettuate in spazi e momenti dedicati.
Abbiamo già parlato della cura del linguaggio…
Dunque, suggerisco di bandire per sempre espressione sciatte come come “ok”, “non saprei”, “sta bene con tutto” e la più indicibile delle frasi, che ahimè molte venditrici proferiscono…. “poi lo sdrammatizzi con un jeans”.
Credetemi, non lo dico perché non possiedo neppure un paio di jeans: questa è una frase che non si può sentire. Gli abiti non hanno bisogno di essere sdrammatizzati, devono stare bene nel contesto giusto.
Last but not least, anzi, con i tempi che corrono forse questo avrebbe dovuto essere il primo DON’T: vietato, vietatissimo, chiamare i clienti con appellativi come “cara” o “tesoro” e simili. Mostrare eccessiva confidenza non crea maggiore empatia, ma dà solamente l’impressione di scarsa professionalità.
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