La Couture, le cui collezioni sfilano in questi giorni a Parigi, rimane – anche per gli appassionati di moda- un argomento un po’ confuso.
I termini “Haute Couture” e Alta Moda vengono spesso usati a caso, e spesso solo per indicare degli abiti genericamente costosi (di questa confusione avevo già parlato qui).
In realtà, la Couture ha delle caratteristiche ben precise, e delle severe norme di accesso.
Che cos’è la Couture
Letteralmente Couture vuol dire cucitura.
Nella Moda, la Haute Couture rappresenta il segmento più piccolo ed esclusivo del business, riservato a pochissimi clienti nel mondo ( tra i 2000 e i 4000 secondo le stime).
La caratteristica peculiare della Couture è quella di essere realizzata su misura per la cliente, in maniera del tutto artigianale. [Al contrario del prêt-à-porter, letteralmente abiti pronti da indossare, che vengono prodotti con processi industriali e sviluppati in taglie standard].
Nell’Alta Moda la creatività è libera da vincoli, e può contare per realizzarsi sui migliori artigiani in circolazione.
Le case di Haute Couture
Oggi possono fregiarsi dell’etichetta Haute Couture 14 Maison francesi, più 5 internazionali (tra cui Giambattista Valli, Valentino e Armani: la lista completa la trovi qui).
I requisiti per accedere a questo ristretto club sono stati dettati dalla Chambre Syndicale de la Haute Couture nel 1945, e prevedevano di presentare due volte l’anno almeno 50 abiti originali, creati da uno stilista “resident” impiegando almeno 20 artigiani specializzati. I capi dovevano essere realizzati in modo artigianale, appoggiandosi ad un atelier proprio.
Oggi le regole si sono un po’ ammorbidite. Innanzitutto, nel 2001, il numero di modelli da presentare è stato ridotto da 50 a 25. In più, è stata creata la politica dei “Guest”: designer che vengono invitati come membri temporanei, e che possono usare per i loro capi solo il termine Couture (senza l’Haute).
Come nasce un abito Haute Couture
Gli abiti Couture sono realizzati principalmente a mano, e sono costruiti addosso alla cliente. Il processo richiede almeno due prove dal vivo, che di solito si tengono nell’Atelier della Maison.
Inutile dire che i fitting diventano l’occasione per viziare al massimo i facoltosi clienti. Tra champagne e frivolezze, le prove coinvolgono ogni volta decine di figure tra designer, assistenti, sarti e “petit mains” come vengono chiamate le cucitrici specializzate.
La prima prova serve per realizzare la teletta, e cioè la “brutta copia” del capo definitivo. Il modello scelto viene riprodotto sul corpo della cliente utilizzando una semplice tela, che servirà poi da guida per costruire l’abito vero e proprio.
La seconda prova, o fitting, si fa invece con il capo quasi pronto, per sdifettare e perfezionare le misure. Ovviamente capi particolarmente elaborati – o clienti molto esigenti – possono richiedere anche tre o quattro prove.
I tempi per realizzare un abito haute couture non sono proprio da fast fashion. Si va dalle 100-150 ore per i capi più semplici alle 700 ore necessarie per gli abiti da gran sera o da sposa.
Durante tutte le fasi della lavorazione, ogni dettaglio è frutto delle migliori eccellenze artigiane. Ricami, plissettature, fiori in stoffa, applicazioni sono tutti realizzati a mano da atelier specializzati, come questo e questo.
I prezzi dell’Haute Couture
A differenza del ready-to wear, i capi di Alta Moda non hanno un prezzo definito in partenza. L’ammontare finale è invece determinato dai materiali che verranno usati e dal totale di ore richieste per la realizzazione.
I prezzi variano poi molto anche in base allo stilista: negli atelier meno “famosi” un vestito da giorno si può aggirare intorno ai 1o.ooo€, da Dior un capo simile avrà un cartellino molto più alto.
I capi più elaborati, come tailleur e capispalla oscillano tra il i 25.000 e i 50,000€, mentre per un abito da gran sera o da sposa il preventivo minimo è intorno ai 150,000€.
I clienti dell’Alta Moda
Ma chi è che spende queste cifre per un abito?
Celebrities, importanti donne d’affari, altezze reali, e poi mogli e figlie di super-ricchi.
Si tratta di un parterre di poche migliaia di persone nel mondo, che hanno un potere di spesa altissimo. Una volta, le ragazze venivano introdotte in atelier dalle madri, che facevano realizzare loro il primo abito “importante”.
Oggi però le cose stanno cambiando: Ralph Toledano, presidente della Fédération Française de la Couture, du Prêt-à-Porter des Couturiers et des Créateurs de Mode, ha parlato di “Una nuova clientela, giovane e curiosa, che viene da posti diversi del mondo e che si avvicina per la prima volta alla couture”.
Korea, Cina, Giappone ma anche India ed Emirati sono diventati i principali acquirenti di Alta Moda, oggi.
L’Alta Moda in Italia
In Italia l’Alta Moda fiorisce negli anni ’50-60, durante il boom della Dolce Vita. Attrici, teste coronate e jet-setter si vestono nei famosi atelier di Roma: i nomi più in voga sono le Sorelle Fontana, Gattinoni, Emilio Schuberth, Capucci e infine anche Valentino, che apre la propria maison nel 1960.
Negli anni ’70 però, mentre la dolce vita langue, il baricentro della moda italiano si sposta da Roma a Milano, parallelamente all’affermarsi del pret-a-porter.
Gli atelier romani rimangono così in balia del nulla.
Ciò non impedisce ad alcuni di continuare a prosperare, vestendo le mogli degli ambasciatori, o specializzandosi per esempio in abiti da sposa.
Ma le sfilate di romane perdono lustro, fino a ridursi all’ombra di se stesse.
Alta Roma, l’organizzazione che dovrebbe tutelare l’alta moda, oggi si propone come “nuova piattaforma di lancio per i talenti emergenti”.
I marchi italiani importanti (vedi appunto Valentino e Armani) sfilano a Parigi, oppure con logiche proprie, come fanno Dolce&Gabbana.
Insomma, a livello istituzionale, dell’Alta Moda oggi in Italia sembra non importare molto a nessuno.
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